Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è un elemento fondamentale della retribuzione del lavoratore, che viene riconosciuto al termine del rapporto di lavoro. L’INPS lo definisce come una “somma che il datore di lavoro deve corrispondere al proprio dipendente alla cessazione del rapporto, corrispondente alla sommatoria delle quote di retribuzione accantonate e rivalutate annualmente”. In altre parole, per spiegare il TFR cos’è, possiamo dire che esso rappresenta una forma di risparmio forzoso, che il datore di lavoro accumula per il dipendente durante il corso del rapporto di lavoro.
Il TFR è anche conosciuto con i termini, meno precisi ma ancora molto diffusi, di “liquidazione” o “buonuscita”. In inglese, questo concetto viene definito come “retirement allowance”. Quindi, in sintesi, il TFR è una parte della retribuzione del lavoratore che gli viene liquidata al termine del rapporto di lavoro.
Cos’è il TFR e come funziona
Il tfr cos’è e come funziona è una domanda fondamentale per comprendere questo importante istituto del diritto del lavoro in Italia. Il tfr, ovvero il Trattamento di Fine Rapporto, è una indennità di fine rapporto di lavoro che spetta ai lavoratori subordinati al momento della cessazione del loro rapporto di lavoro.
L’articolo 2120 del Codice Civile stabilisce che “in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto“. Ciò significa che il tfr è una misura riservata ai soli lavoratori dipendenti, mentre i lavoratori autonomi ne sono esclusi.
Il tfr cos’è e come funziona può essere così sintetizzato:
- Il tfr è una somma di denaro che il datore di lavoro è tenuto a mettere da parte mensilmente per ciascun lavoratore dipendente.
- L’importo del tfr è calcolato in base alla retribuzione annua del dipendente e agli anni di servizio prestati presso l’azienda.
- Il tfr è un istituto che esiste solo in Italia, non trovando corrispondenza negli altri Paesi europei.
- Al momento della cessazione del rapporto di lavoro, il tfr viene liquidato al dipendente come indennità di fine rapporto.
In sintesi, il tfr cos’è e come funziona rappresenta un prezioso strumento di tutela per i lavoratori italiani, garantendo loro una somma di denaro al termine del rapporto di lavoro.
TFR cos’è: Storia e disciplina normativa
La storia della disciplina del trattamento di fine rapporto (TFR) registra una svolta fondamentale con la legge di Stabilità del 2005. Questa riforma, promulgata dal Presidente Azeglio Ciampi e promossa dal governo di Silvio Berlusconi, ha imposto dall’avvio del 2007 un nuovo regime con una fase transitoria di scelta.
La riforma ha permesso, a quanti lo volessero, di spostare il TFR dall’azienda a una forma pensionistica complementare, ossia a un fondo previdenziale. Questa modifica ha avuto un impatto significativo sul modo in cui il TFR viene gestito e corrisposto ai lavoratori.
Ecco alcuni aspetti chiave della nuova disciplina normativa del TFR:
- Ai fini pensionistici viene conteggiato anche il TFR, che si configura come una componente importante del trattamento previdenziale.
- Cos’è il TFR e come e quando viene pagato? Il TFR è una somma di denaro che il datore di lavoro deve versare al dipendente alla fine del rapporto di lavoro.
- Cos’è la TFR? La TFR è la sigla che sta per “Trattamento di Fine Rapporto”, una forma di indennità di fine servizio prevista dalla legge italiana.
Questa riforma ha avuto l’obiettivo di incentivare i lavoratori a destinare il proprio TFR a forme di previdenza complementare, al fine di garantire una migliore copertura previdenziale per i cittadini.
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Conclusione
Un contesto complesso per i mercati azionari e obbligazionari nel 2018 si è riflesso sui risultati delle forme pensionistiche complementari, con “perdite in conto capitale causate dai ribassi dei corsi azionari e dal rialzo dei rendimenti obbligazionari”. I rendimenti aggregati, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, sono stati in media negativi, come evidenziato dalla COVIP.
In particolare, i fondi negoziali hanno perso il 2,5%, i fondi aperti il 4,5% e i PIP di ramo III il 6,5 per cento. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dal flusso cedolare incassato sui titoli detenuti, il risultato stimato è stato positivo (+1,7%). Sarebbe stato quindi più conveniente lasciare alle rivalutazioni automatiche il TFR.
Tuttavia, la COVIP precisa che tra inizio 2009 e fine 2018 (10 anni), i rendimenti sono risultati pari al +3,7% per i fondi negoziali, al +4,1% per i fondi aperti e al +4% per i PIP di ramo III; al +2,7% per le gestioni separate di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua composta del TFR è stata pari al +2%.
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