Se stai valutando l’ipotesi di metterti in aspettativa retribuita per intraprendere un altro lavoro è necessario che tu sappia alcune cose al riguardo.
Non è insolito che chi ha già un’occupazione riceva da altri una proposta di lavoro, specie se per un periodo determinato. Proposta che spinge molti, per arrotondare, a valutare l’idea di mettersi in aspettativa e accettare, per il periodo di tempo della durata del contratto, un altro lavoro a tempo determinato, magari con l’intenzione di arrotondare le entrate o per qualsiasi altro motivo.
Ma cosa dicono la legge e i CCNL a tal proposito?
Aspettativa: cos’è e come Funziona
Prima di rispondere alla domanda, vediamo in cosa consiste l’aspettativa, chi ne può usufruire e, in generale, come funziona.
Se volessimo definire l’aspettativa, la potremmo definire come un periodo giustificato di assenza dal lavoro, per vari motivi specifici, come vedremo, che non comportano sanzioni disciplinari per il dipendente.
Si tratta di un istituto disciplinato, dalla legge, dai contratti nazionali di categoria e da accordo tra privati; distinzione rilevante per la sua applicazione concreta.
Nel caso in cui l’aspettativa, infatti, sia prevista dalla legge, il datore di lavoro non può esimersi dal concederla al lavoratore che ne fa richiesta (pur nel limite dei casi da essa previsti). Se, invece, è disciplinata dai CCNL allora essa troverà applicazione solo per quei dipendenti con un lavoro disciplinato da un contratto collettivo che prevede quegli specifici casi.
Questa è una prima importante distinzione. Una seconda attiene la retribuzione. L’aspettativa infatti può essere retribuita o non retribuita. Anche in questo caso il riconoscimento o meno della retribuzione è subordinato a quanto disposto dalla legge e dai contratti nazionali, anche se nella maggior parte dei casi l’aspettativa non viene retribuita.
A questo punto vediamo se è possibile mettersi in aspettativa per intraprendere un altro lavoro.
Aspettativa per altro lavoro: è possibile?
Possiamo ora rispondere alla domanda posta alla fine della nostra introduzione a questo articolo. Per farlo, riprendiamo un richiamo importante fatto nel paragrafo precedente, vale a dire al fatto che l’aspettativa viene riconosciuta al lavoratore solo in specifici casi.
L’ipotesi che abbiamo avanzato e a cui questo approfondimento è dedicato non rientra nelle casistiche contemplate dalla legge e dai CCNL. Ossia, non è possibile mettersi in aspettativa e stipulare un altro contratto di lavoro, pur se a tempo determinato.
La ragione di tale divieto potrebbe ravvisarsi nell’obbligo di fedeltà stabilito dall’art. 2105 del codice civile.
C’è un solo caso in cui tale divieto conosce una deroga: quello della messa in aspettativa per i dipendenti pubblici che intendono avviare un’attività autonoma o per gli eletti in cariche pubbliche.
Nel primo caso si può richiedere un’aspettativa non retribuita per un massimo di 12 mesi al fine di avviare un’attività, un’impresa o svolgere un lavoro autonomo.
Nel secondo caso, invece, è proprio la Costituzione a riconoscere a chi viene eletto in cariche pubbliche la possibilità di mettersi in aspettativa, persino per la durata dell’intero mandato elettivo, a prescindere che si tratti di lavoratore dipendente del settore pubblico o privato.
Quando si può richiedere l’aspettativa
Quali sono i casi riconosciuti dalla legge e dai CCNL che danno diritto al lavoratore di mettersi in aspettativa?
I principali sono:
- gravi motivi familiari;
- tossicodipendenza accertata del lavoratore o di un familiare;
- per formazione professionale;
- per cariche pubbliche o sindacali;
- casi specifici previsti dai singoli CCNL.
Richiesta per Gravi motivi familiari
Una casistica molto ampia riguarda i casi di aspettativa per gravi motivi familiari. Ma cosa si intende, o meglio, quali sono i gravi motivi familiari dinanzi i quali il datore del lavoro non può negare l’aspettativa?
Ad individuarli è la legge e nello specifico l’art. 4 L. 53/2000 e artt. 2 e 3 D.M. n. 278/2000. Si tratta di:
- Morte di un familiare (coniuge, convivente, parenti entro il 3° grado, disabili, figli, genitori, suoceri, fratelli e sorelle);
- Fornitura di cure e assistenza a uno dei soggetti menzionati, al fine di garantire il loro benessere e la loro sicurezza.
- Gestione di situazioni di grave disagio personale dei dipendenti (ad eccezione di quelle dovute a motivi di salute), attraverso l’offerta di supporto e sostegno adeguati.
- Situazioni in cui i soggetti citati sono stati colpiti da patologie acute o croniche che hanno determinato una temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, fornendo loro l’assistenza e le cure necessarie per garantire una migliore qualità della vita.
Per tutti questi casi, la legge riconosce al lavoratore la possibilità di richiedere periodi di aspettativa dal lavoro non retribuita nel limite di 2 anni, continuativi o frazionati.
Tossicodipendenza accertata del lavoratore o di un familiare
In questo caso l’aspettativa può essere richiesta, nel rispetto del limite massimo di 3 anni, da lavoratori dipendenti a tempo indeterminato o dipendenti di familiari quando, in base all’art. 124 DPR n. 309/90 vengono accertate e riconosciute situazioni gravi di tossicodipendenza, al fine di permettere al soggetto di partecipare o affiancare l’assistito nei programmi terapeutici riabilitativi presso le ASL.
Formazione Professionale
Ai dipendenti con almeno 5 anni di anzianità è consentito richiedere un’aspettativa, non retribuita e non eccedente gli 11 mesi continuativi o frazionati per:
- terminare la scuola dell’obbligo;
- conseguire un titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea;
- partecipare ad attività formative diverse da quelle finanziate dal datore di lavoro.
Aspettativa senza retribuzione per altro lavoro: le alternative
I casi previsti dalla legge, come abbiamo potuto osservare, non contemplano la richiesta di aspettativa per svolgere un altro lavoro, a parte le eccezioni che abbiamo analizzato nei paragrafi precedenti.
Esiste, però, la possibilità di richiedere un’aspettativa non retribuita per altro lavoro solo nel caso in cui si stipuli un contratto di collaborazione compatibile con quello attuale.
Diverso è il caso di lavoratore assunto con contratto part-time. La legge, in questo, caso non vieta la possibilità di stipulare un secondo contratto part-time, fatto salvo il rispetto dell’obbligo di fedeltà e il divieto di non concorrenza.